Cosa spinge i genitori a condividere le foto dei figli sui social e perchè non è consigliabile farlo

La prima domanda che voglio fare a chi legge questo articolo è: Ti piacerebbe stampare ed attaccare su ogni palo o muro della tua città la foto di tuo figlio? Se hai risposto di no, fai parte del 95% di chi non desidera farlo.
Molti genitori, tuttavia, ma anche zii, cugini o semplicemente amici, tendono a condividere sui social media in modo compulsivo ogni passo compiuto dai propri figli. Ricordiamoci che sono immagini private, il concetto stesso di privacy online è stato stravolto pesantemente con l’avvento dei vari social network. Una tendenza che col passare degli anni si è trasformata in un’abitudine consolidata, quella di esporre in pubblico le proprie emozioni, i ricordi più intimi in cambio di visualizzazioni e apprezzamenti di vario tipo. Ma dobbiamo sapere ed essere consapevoli che i pericoli dello sharenting sono in agguato. Molto spesso le immagini condivise in rete dai genitori finisco in siti pedopornografici o vengono utilizzate in messaggi sessuali inviati attraverso la rete.
Lo dimostra una recente ricerca condotta dall’Università di Antwerp in Belgio attraverso alcuni gruppi di adolescenti tra i 12 ed i 14 anni.
Ma cos’è lo sharenting? Termine inglese che deriva dall’unione di sharing (condividere) e parenting (fare i genitori) ed è stato coniato nel 2012 da Steven Leckart in un articolo sul Wall Street Journal.
Si tratta di un fenomeno che consiste nel condividere sul web foto e video dei figli da parte dei genitori, in molti casi, già dai primi mesi di vita. Un fenomeno, molto diffuso, che nell’ultimo anno si sta trasformando anche nella condivisione di video insieme, genitori e figli, in particolare su YouTube e Tik Tok.
Proviamo allora a comprendere meglio i motivi che rendono lo sharenting un’abitudine di cui dovremmo fare a meno.
Nel 2019 Matt Watson ha mostrato, in un drammatico video, come nei commenti a semplici video di bambini o bambine che fanno ginnastica, ad esempio postati da genitori inconsapevoli, una rete di pedofili si scambiasse messaggi che rimandavano a particolari momenti, a loro giudizi “interessanti”.
Questo è solo un esempio di quello che può accadere alle foto che decidiamo di postare e sono già numerose le esperienze di genitori che hanno scoperto che le foto dei propri figli erano state utilizzate per scopi illeciti.
I nostri dati personali sono preziosi, la nostra moneta di scambio con le grandi piattaforme su cui generalmente postiamo i dati dei nostri figli con foto e video. Non è tutto. I dati che si possono recuperare da una semplice immagine postata su un social media sono moltissimi, più di quanto immaginiamo. Questo perché, da un’immagine in rete, è possibile raccogliere tutta una serie di informazioni utili ai fini commerciali per creare un profilo dell’utente, in questo caso di nostro figlio. Ad esempio generalmente accompagniamo la foto di nostro figlio con il suo nome o la sua data di nascita perché stiamo festeggiando il suo compleanno.
La privacy è un diritto personale, ma allo stesso modo è un diritto dei nostri figli anche se è ancora molto piccolo. Le foto ed i video che postiamo non verranno mai “cancellate” completamente e resteranno per sempre su internet.
Per concludere è bene ricordare, e per chi non lo sapesse, è bene informarsi, che esiste il dark web, un “internet” parallelo, ma nascosto, dove le foto ed i video che postiamo possono essere recuperate e “vendute” per molti scopi, sia che si tratti di pedopornografia, sia che si tratti di lucro, ovvero ricevere guadagni dalle nostre informazioni personali.
Prima di postare una foto o video di minori, pensiamoci.

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