Riscaldamento globale, situazione fuori controllo: cosa accade alla Terra

Una nuova ricerca lancia l’allarme su uno degli effetti poco noti del riscaldamento globale: riguarda i mari.

Il riscaldamento globale non consiste soltanto in ondate di calore sempre più afose e persistenti. Si ripercuote anche sugli ambienti marini. I suoi effetti si producono anche sui fondali degli oceani, non soltanto in superficie.

Al punto che le perturbazioni dei fondali marini sono state rilevate dalle reti globali di sismografi, gli strumenti che servono per monitorare i terremoti ma che sono sufficientemente sensibili da captare anche gli effetti di altri fenomeni dove è in gioco molta energia.

I sismografi riescono a rilevare anche le eruzioni dei vulcani, gli impatti dei meteoriti, le esplosioni atomiche. E non solo: alle sensibili “antenne” dei sismografi non sfuggono nemmeno le trivellazioni, i lavori dei cantieri e degli impianti industriali. Sono in grado di rilevare perfino il traffico stradale.

Riscaldamento globale: ecco come sta scuotendo il pianeta

Come documenta una ricerca apparsa su Nature Communications, nell’arco degli ultimi decenni il segnale sismico delle onde oceaniche si è fatto decisamente più intenso. Un chiaro segnale che significa una cosa soltanto: mari sempre più increspati e agitati. Il che si traduce in onde sempre più forti causate dal riscaldamento globale e fondali marini sempre più scossi.

Effetti del riscaldamento globale sui mari
I mari sono sempre più scossi dal calore in eccesso – lineatemporale.it

Il segnale “catturato” dai sismologi è l’elemento più significativo del cosiddetto rumore di fondo, vale a dire la componente generalmente scartata durante le procedure per interpretare le forme di onde. Ossia il costante “ronzio” delle onde marine negli oceani in tempesta.

Un team di ricerca di geofisici americani della Colorado State University ha voluto approfondire il discorso cercando di capire come si è modifica una specifica porzione del rumore sismico di fondo, detta microsismo (o microsisma) primario. È appunto il segnale originato dalle onde oceaniche che vanno a “spingere” direttamente sul fondale, nelle zone dove la profondità marina non va oltre i 300 metri. Infatti il movimento dell’acqua all’interno delle onde diminuisce con l’aumentare della profondità.

Mari sempre più scossi da un accumulo di energia distruttiva

Studiando il microsisma primario registrato dalla fine degli anni Ottanta da 52 sismografi posizionati nel mondo, gli scienziati si sono accorti che ben 41 di questi (pari al 79% del totale) avevano rilevato movimenti sempre più intensi. L’energia media globale delle onde oceaniche dalla fine dello scorso secolo si è accresciuta in media al ritmo di uno 0,27% all’anno. Ma a partire dall’anno 2000′ il ritmo è cresciuto ancor di più, nella misura dello 0,35% all’anno.

Più energia che circola nei mari, dunque, e acque più agitate. Gli aumenti più rapidi si sono verificati nel Nord Atlantico, una zona che altri studi recenti hanno mostrato come sempre più attraversata da tempeste che arrivano a minacciare le coste. Non serve che pensare alla recentissima Tempesta Ciarán, con venti che hanno soffiato sul continente europeo alla velocità di 200 hm/h e onde anche di 20 metri (sic!).

La ricerca americana conferma una volta di più che gli oceani – assorbendo il 90% del calore in eccesso collegato alle emissioni – si stanno caricando di energia distruttiva, diventando sempre più tempestosi e turbolenti a mano a mano che aumenta il global warming. 

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