Viviamo in un universo olografico?

Per alcuni fisici. la risposta potrebbe essere si. Il principio olografico resta tutt’oggi una affascinante teoria formulata dai fisici Gerardus‘t Hooft e Leonard Susskind. Si basa su concetti legati alla “gravità quantistica” e propone un modello di universo paragonabile ad una “proiezione”. Ma ridurre lo spazio ad un ologramma gigante è solo un modo figurato per districarsi tra complicate equazioni che cercano di spiegare fenomeni come i buchi neri e l’entropia. Una definizione corretta di principio olografico è che “certi spazi a tre dimensioni possono essere matematicamente ridotti a proiezioni bidimensionali”. Le conclusioni della ricerca è che non tutti i sistemi quantistici possono essere simulati utilizzando risorse classiche di calcolo. Ma per il momento l’ipotesi che una realtà complessa come la nostra sia basata su “micro-elementi” che la proiettano ancora non ha delle vere e proprie dimostrazioni in campo scientifico.
Ma cosa vuol dire olografico? Con il termine ologramma si identificano in genere le immagini tridimensionali che appaiono con prospettive diverse a seconda del punto di osservazione. In fase di registrazione un fascio di luce laser viene inviato sia verso l’oggetto da riprodurre, sia verso una lastra di materiale sensibile. Grazie a un gioco di specchi, la luce che arriva dalla sorgente interferisce con quella riflessa dall’oggetto. Sulla lastra dunque si formano delle linee, chiamate frange di interferenza. Le frange contengono l’informazione sulla tridimensionalità. Illuminando la lastra con un altro fascio laser, infatti, si riesce a decodificare l’informazione ricostruendo l’immagine tridimensionale dell’oggetto, che finalmente appare allo spettatore come se fosse fisicamente presente. Molti noi ricorderanno il film Matrix, bene sembra che ci siamo dentro.

Fonte: articolo rielaborato sulla base delle informazioni ricercate sul web
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