La ricerca sul virus del covid19

La ricerca internazionale continua perché ancora poco si sa dell’infezione: l’Oms (Organizzazione mondiale della Sanita, acronimo in inglese WHO) ha mandato 25 esperti in Cina, tra di loro il direttore dell’Us National Institutes of Health, Clifford Lane. La missione Oms si è svolta tra il 16 e il 24 febbraio, periodo che in Cina ha corrisposto, e questo si sapeva, alla seconda ondata di contagi.
L’epidemia è diventata pandemia l’11 marzo, così l’ha stabilito l’Oms: significa che si sta diffondendo al di fuori delle misure di contenimento messe in atto in più paesi del mondo. Secondo la definizione dell’Oms, una pandemia è la diffusione in tutto il mondo di una nuova malattia e generalmente indica il coinvolgimento di almeno due continenti, con una sostenuta trasmissione da uomo a uomo. La gravità di una malattia non è il parametro decisivo perché venga dichiarata una pandemia, che riguarda invece l’efficacia con la quale una malattia si diffonde.
Dopo nove giorni di lavoro della missione Oms sui dati cinesi, questi i risultati:
Trasmissione. Quando è scoppiato un focolaio in Cina, nella maggioranza dei casi (78-85%) è stato causato da un contagio all’interno di una famiglia attraverso le ormai famose gocce del respiro o altri vettori di trasmissione fra persone contagiate. Secondo questi dati, le particelle piccole e leggere che rimangono sospese nell’aria, sono cosa diversa dalle gocce del respiro, non sono tra le principali cause di diffusione. Più di 2.055 operatori sanitari sono stati contagiati o a casa propria o nella prima fase del diffondersi dell’epidemia quando non disponevano degli strumenti di protezione (camici, guanti, mascherine).

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